Erogazioni liberali in denaro alle ONLUS

È tema ricorrente, nella vita delle imprese come delle singole persone, quello della partecipazione indiretta alle attività benemerite delle organizzazioni di utilità sociale (Onlus) attraverso il finanziamento a titolo gratuito delle stesse. La disciplina fiscale d’incentivo con cui il legislatore supporta il finanziamento di tali organizzazioni soffre tuttavia di una disorganica frammentazione, a cui dovrebbero porre parziale rimedio alcuni interventi legislativi in itinere.

La disciplina fiscale contenuta negli articoli 100 comma 2 lettera h) e 15, comma 1. 1 del d.P.R. 1986, n. 917 consente, tanto alle persone giuridiche quanto alle persone fisiche, la deduzione/detrazione parziale ai fini delle imposte reddituali delle erogazioni in denaro ad Onlus od enti che gestiscono iniziative umanitarie. Premesse di tale agevolazione sono l’effettiva gratuità dell’erogazione liberale effettuata nei confronti dell’ente e la reale qualificazione di quest’ultimo come Onlus (in ragione di un effettivo svolgimento da parte di questo dell’attività di utilità sociale). Non sono dunque deducibili le erogazioni attraverso le quali l‘impresa donante ritragga una qualche forma di utilità indiretta (ad esempio a fini promozionali), dovendosi in questo caso escludere l’elemento della liberalità e ricomprendere l’erogazione nell’ambito (dai confini spesso sfumati) della sponsorizzazione. Analogamente non godono della deducibilità le erogazioni ad enti che perseguano in via non esclusiva, ancorché principale, le finalità di utilità sociale descritte dalle norme. La deducibilità delle erogazioni è soggetta a limitazioni di valore individuate, per le imprese, in una somma non superiore al 2% del reddito d’impresa dichiarato (ex art. 100 del d.P.R. 1986/917). Per le persone fisiche il limite è fissato ad euro 2.065 e la detrazione di imposta IRPEF spettante sarà pari, per l’anno 2012, al 19% della somma erogata, mentre per gli anni 2013 e 2014, rispettivamente al 24% e 26% (a seguito delle modifiche apportate all’art. 15 del d.P.R. 1986/917 dalla legge 6 luglio 2012, n.96). Per le persone fisiche la detrazione è ammessa soltanto se i relativi versamenti sono eseguiti tramite banca o ufficio postale oppure se sono effettuati con altri mezzi di pagamento quali carte di credito, assegni bancari, assegni circolari. Per le imprese risulta quanto meno opportuno che le erogazioni liberali siano effettuate mediante sistemi di pagamento che consentano lo svolgimento di adeguati controlli (conti correnti bancari, postali, vaglia postali, assegni non trasferibili). In alternativa ed in deroga ai limiti previsti, ai sensi dell’art. 14, comma 1, del d.l. 14 marzo 2005, n.35 è possibile, qualora ciò risulti conveniente,  dedurre le erogazioni agli enti di utilità sociale nel maggior limite del 10% del reddito complessivo dichiarato e, comunque, nella misura massima di 70.000 euro, purché gli enti beneficiari abbiano tenuto scritture contabili idonee a rappresentare le operazioni effettuate nel periodo di gestione e predispongano un documento che rappresenti la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’ente entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio. La liberalità in denaro è strumento più utile ed efficace rispetto alle erogazioni in natura poiché quest’ultime soffrono di numerosi vincoli burocratici e fiscali. La disciplina delle erogazioni liberali è oggi soggetta ad un tentativo di generale rivisitazione da parte del legislatore che, con l’art. 16 della legge 6 luglio 2012, n.96, ha dato delega al Governo di attuare un riordino organico di essa, certamente necessario ed auspicabile, tramite un decreto legislativo di prossima emanazione.
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Novità sugli immobili nel “Decreto Crescita”

Con il “Decreto Crescita” viene innalzata dal 36% al 50% la detrazione per le ristrutturazioni di immobili abitativi e raddoppiato il tetto di spesa da 48.000 a 96.000 Euro. Importanti novità anche sul fronte IVA in caso di estromissione degli immobili strumentali.
Con il c.d. “Decreto Crescita” il Legislatore ha elevato al 50% la misura della detrazione spettante in relazione alle spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio dal 26/06/2012 al 30/06/2013 e a 96.000 Euro il limite agevolabile. Contestualmente è stata prorogata al 30/06/2013 la detrazione del 55% connessa alle spese di riqualificazione energetica, fermo restando i limiti di spesa specificatamente previsti. La detrazione in esame è riconosciuta per le sole unità immobiliari residenziali (indipendentemente dalla categoria catastale) e relative pertinenze in 10 quote annuali di pari importo a decorrere dall’anno di sostenimento delle spese. Per beneficiare delle detrazioni in esame il pagamento va effettuato esclusivamente tramite bonifico bancario o postale in cui debbono essere indicati i riferimenti normativi, il codice fiscale del beneficiario e il numero di partita IVA del soggetto a favore del quale il bonifico è stato effettuato. L’Agenzia Entrate ha affermato che il bonifico incompleto determina il disconoscimento dell’agevolazione. Poiché la detrazione spettante è legata al momento di sostenimento della spesa, si pone la questione di individuare la detrazione spettante per le spese sostenute dal 26/06/2012 in presenza di spese sostenute prima di tale data. Il MEF ha precisato che per individuare l’importo massimo di 96.000 Euro, questo deve essere considerato al netto delle spese sostenute antecedentemente al 26/06/2012, per le quali il contribuente beneficia della “vecchia” detrazione del 36% nel limite di 48.000 Euro. Altra novità interessante contenuta nel “Decreto Crescita” riguarda invece l’esenzione IVA in caso di estromissione dell’immobile strumentale utilizzato dall’imprenditore individuale nell’esercizio della propria attività. Il nuovo punto 8-ter dell’art.10 del D.P.R. 633/1972, a determinate condizioni, non prevede più, come in passato, l’imponibilità IVA obbligatoria per le cessioni effettuate nei confronti di soggetti privati. Pertanto, in caso di possesso almeno decennale, la cessione dell’immobile ad un privato o l’assegnazione all’imprenditore stesso (c.d. “autoconsumo”) non subirà prelievo IVA. Il nuovo trattamento IVA applicabile all’autoconsumo potrà indurre alcuni titolari di farmacia a valutare l’opportunità di estromettere l’immobile strumentale utilizzato per l’esercizio dell’attività. La disposizione si applica anche all’assegnazione di immobili ai soci da parte delle società, ma in tal caso si dovrà valutare il peso dell’Imposta di Registro. Ai fini IRPEF ed IRAP si dovrà tenere conto dell’eventuale plusvalenza tassabile.
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L’utilizzo del contante: limiti e sanzioni

Con la riduzione a 1.000 euro del limite di utilizzo del contante la disciplina antiriciclaggio entra nella quotidianità e porta ad un necessario cambiamento delle comuni abitudini di pagamento, anche in relazione alla gravità delle sanzioni irrogabili

Negli ultimi mesi il legislatore ha adottato una pluralità di provvedimenti volti a contenere ulteriormente l’utilizzo del contante e ad inasprire le sanzioni per le violazioni connesse al superamento di tali limiti. L’art. 12 d.l. n. 201/2011 (cosiddetto decreto Monti), a parziale modifica dell’art. 49 d.lgs. n. 231/2007 ha abbassato la soglia di utilizzo del contante dai precedenti 2.500 euro agli attuali 1.000. Ad oggi, quindi, è vietato il trasferimento, tra soggetti diversi ed a qualunque titolo, di denaro contante, di libretti di deposito bancari o postali al portatore e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, quando il valore oggetto del trasferimento sia complessivamente pari o superiore ad euro 1.000. La norma precisa che il divieto sussiste anche nel caso in cui il trasferimento sia effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati. In altre parole, non è possibile aggirare il divieto ripartendo elusivamente in più versamenti distinti un pagamento che trovi una ragione unitaria. Il limite di utilizzo non riguarda, invece, i prelevamenti ed i versamenti in contanti effettuati nell’ambito di rapporti ed operazioni bancarie. Il correntista continua a poter versare o prelevare contanti dal proprio conto corrente anche al di sopra della soglia stabilità, mancando in questa situazione il trasferimento a terzi della somma, che rimane nella disponibilità del correntista medesimo. Restano tuttavia fermi in questi casi gli obblighi per l’istituto di credito di verifica delle generalità del correntista e di segnalazione di operazioni sospette qualora, in considerazione delle caratteristiche, dell”entità e della natura dei trasferimenti, vi sia un concreto indizio di operazioni di riciclaggio. La violazione delle disposizioni citate dà luogo all’applicazione di sanzioni particolarmente rilevanti. I trasferimenti illeciti di contanti effettuati dal 16.6.2010, sono puniti, ai sensi del comma 7-bis dell”art. 58, d.lgs. n. 231/2007 (introdotto dalla lettera “b”, del comma 2 dell”art. 20, d.l. 31.5.2010, n. 78) con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra l’ 1% ed il 40% della somma trasferita. La sanzione minima, per espressa previsione di legge, non può comunque mai essere inferiore ad euro 3.000 per le violazioni previste dal citato primo comma dell”art. 49, mentre per i trasferimenti superiori a 50 mila euro, l”importo minimo è pari al 5% dell”importo trasferito. La sanzione è aumentata del 50% per le violazioni di cui all”art. 58, commi 2, 3, 4 (superamento delle soglie contenute su libretti al portatore). Si noti come sono soggetti alla sanzione, in via congiunta, tanto il soggetto che trasferisce quanto colui che riceve la somma in contanti. La descritta formulazione delle sanzioni si applica alle violazioni commesse dal 16.6.2010 e non ostacola la possibilità di chiudere i procedimenti con un’oblazione al 2% degli importi oggetto di infrazione ex art. 49 comma 1. Per le transazioni di importo non superiore a 250.000 sussiste inoltre la possibilità di effettuare un pagamento in misura ridotta pari al 2% dell”importo trasferito. Il versamento deve essere effettuato entro 60 giorni dalla notifica della contestazione e chiude definitivamente il procedimento sanzionatorio.

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Unico 2012: termini, formalità e compensazioni

Scade il 1 ottobre 2012 il termine di presentazione in via telematica del modello UNICO 2012 riferito ai redditi 2011. È ritenuta valida, anche se tardiva, la dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine. Più lunghe invece le scadenze per gli eredi o per presentare eventuali rettifiche.
Scade il 1° ottobre 2012 il termine di presentazione in via telematica direttamente o tramite un intermediario abilitato del modello UNICO 2012 riferito ai redditi 2011. È ritenuta valida, anche se considerata tardiva, la dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine stabilito a fronte del pagamento delle sanzioni amministrative, mentre è considerata omessa – sebbene comunque rilevante ai fini della riscossione delle imposte ivi indicate – la dichiarazione presentata oltre i 90 giorni dal termine. Nel caso invece di decesso del contribuente tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi, l’onere rimane in capo agli eredi. Se il decesso è avvenuto successivamente al mese di febbraio 2012, gli adempimenti tributari sono posticipati al 17 dicembre 2012 per il versamento delle imposte e al 2 aprile 2013 per la presentazione della dichiarazione. Se la dichiarazione presenta un credito (ad es. IRPEF e sue addizionali o cedolare secca) è possibile utilizzare in tutto o in parte tale credito in compensazione con altri tributi (ad esempio l’IMU) mediante il modello F24 oppure farne richiesta a rimborso integrale o parziale. Si ricorda che i crediti relativi all’IRPEF e alle addizionali non possono essere utilizzati in compensazione o richiesti a rimborso per un importo inferiore a 11,00 Euro. Per quanto riguarda invece i termini di accertamento, l’Amministrazione Finanziaria ha tempo entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione per notificare gli avvisi. Questo significa, ad esempio, che entro il 31 dicembre 2012 il Fisco ha la possibilità di accertare la dichiarazione presentata nel 2008 e riferita ai redditi 2007. Il termine si allunga di un anno nel caso di omessa presentazione della dichiarazione e del doppio (da 8 anni a 10 anni) in caso di reati tributari (ad esempio la presentazione di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti o altri artifici). In caso di omissioni od errori la dichiarazione dei redditi originariamente presentata può inoltre essere rettificata da parte del contribuente. La rettifica può avvenire entro il termine originario di presentazione (correttiva nei termini) della dichiarazione oppure oltre tale termine. In questo secondo caso, la rettifica se è a favore del contribuente (ossia è minore l’importo delle imposte dovute o maggiore il credito spettante), deve essere comunicata entro il termine della presentazione della dichiarazione dell’anno successivo. La rettifica oltre il termine, ma a sfavore del contribuente, deve invece essere presentata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo alla presentazione della dichiarazione originaria purché non siano state nel frattempo avviate attività di accertamento.
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Novità nell’applicazione degli studi di settore

La novità della norma premiale in tema di accertamenti sui contribuenti congrui e coerenti e le significative penalizzazioni ai soggetti non in linea suggeriscono di prestare particolare attenzione alla compilazione degli studi di settore e di valutarne attentamente gli esiti.
Nell’ultimo anno, numerose novità legislative hanno interessato l’applicazione degli studi di settore, ovverosia di quello strumento di accertamento induttivo dei ricavi di impresa (e dei corrispettivi professionali) operato attraverso la rilevazione delle caratteristiche strutturali (es. composizione dei costi, tipologia di organizzazione interna, tipologia di clientela, localizzazione dell’attività, ecc.) di ogni specifica attività economica. Più in particolare, vi è innanzitutto da segnalare come, per le annualità d’imposta fino a tutto il 2010, il Legislatore abbia, con effetto retroattivo, introdotto, quale ulteriore condizione per poter beneficiare dell’esclusione da accertamenti analitico-induttivi, la congruità (anche per effetto di adeguamento) e la coerenza agli studi di settore anche per il periodo d’imposta precedente quello oggetto di controllo. Di conseguenza, le condizioni di esonero da accertamenti di natura analitico-induttiva fino al periodo d’imposta 2010 sono, ad oggi, le seguenti (art. 10, c. 4-bis, Legge n. 146/98):
  • il contribuente risulti congruo (anche per effetto di adeguamento) e coerente agli studi di settore per il periodo d’imposta oggetto di controllo e per quello precedente;
  • l’ammontare delle componenti accertate (entro un massimo di € 50.000) sia non superiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati;
  • non siano applicabili le sanzioni maggiorate del 10% per gravi infedeltà degli elementi indicati negli studi di settore.
A decorrere dal periodo d’imposta 2011, invece, nei confronti dei contribuenti che risultino congrui (anche per effetto di adeguamento) e coerenti con gli studi di settore:
  • sono preclusi gli accertamenti analitico-induttivi;
  • sono ridotti di un anno gli ordinari termini di decadenza per l’attività di accertamento (a meno che non vi sia constatazione di reati tributari);
  • la determinazione sintetica del reddito complessivo (redditometro) è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno 1/3 il reddito complessivo dichiarato.
A fronte di tali meccanismi premiali di cui beneficiano i soggetti in linea con gli studi di settore, sono state altresì introdotte significative penalizzazioni per i soggetti che, al contrario, non risultino soddisfare le determinazioni quantitative, in termini di ricavi, degli studi stessi. Più in particolare, con effetto dal periodo d’imposta 2011:
  • i contribuenti che non risultino congrui con gli studi di settore saranno destinatari di specifici piani di controllo, articolati su tutto il territorio e basati su apposite analisi del rischio di evasione (che terranno anche conto delle informazioni di carattere finanziario presenti negli archivi dell’Anagrafe Tributaria);
  • per i contribuenti che non risultino né congrui né coerenti con gli studi di settore i controlli saranno svolti prioritariamente con l’utilizzo dei poteri di indagine finanziaria.
Alla luce di tutto quanto sopra, risulta oggi quanto mai opportuno valutare la rispondenza della propria attività, in termini di ricavi, alle determinazioni statistiche degli studi di settore al fine di meglio valutare la probabilità di incorrere in futuri accertamenti analitico-induttivi in relazione al reddito derivante dall’attività stessa come pure ad accertamenti sintetici (redditometro) o analitici (indagini finanziarie) in relazione al reddito complessivo. NOTA DI REDAZIONE: il 12 luglio 2012 è stato emesso il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che ammette al regime premiale richiamato nel testo soltanto 55 dei 206 studi di settore attualmente operativi. In conseguenza di tale ultima – e peraltro inattesa – novità, restano sfortunatamente escluse, almeno per il 2011, le farmacie appartenenti allo studio VM04U come pure le para-farmacie appartenenti allo studio TM87U.
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