La ventilazione dei corrispettivi

Ai commercianti al minuto di articoli tessili e di vestiario, di prodotti alimentari, dietetici, farmaceutici e per l’igiene personale soggetti ad aliquote IVA diverse è concessa la facoltà di annotare i corrispettivi giornalieri senza distinzione di aliquote.

I commercianti al minuto di prodotti con differenti aliquote devono effettuare la liquidazione periodica dell’IVA in base alle annotazioni dei corrispettivi delle vendite del mese o del trimestre precedente. Dai corrispettivi registrati al lordo dell’IVA, occorre ricavare l’IVA dovuta in base all’aliquota applicabile (4%, 10% o 22%). A tal fine, di norma, è necessario annotare i corrispettivi giornalieri distinti per aliquota nel registro dei corrispettivi. Per esigenze di semplificazione, il legislatore fiscale ha concesso ai commercianti al minuto di articoli tessili e di vestiario, di prodotti alimentari, dietetici, farmaceutici e per l’igiene personale la facoltà di annotare i corrispettivi giornalieri senza distinzione di aliquote ed eseguire la liquidazione dell’imposta dovuta con il metodo della ventilazione dei corrispettivi introdotto dal DM del 24/02/1973. Tale metodo consente di calcolare l’IVA dovuta sulle vendite effettuate mediante scontrino in proporzione all’aliquota media IVA degli acquisti di beni destinati alla rivendita effettuati nel periodo di imposta. Grazie all’ausilio dei software oggi a disposizione, i commercialisti eseguono il calcolo della ventilazione in sede di liquidazione periodica dell’IVA, senza che nessun onere gravi sul commerciante interessato. Può essere opportuno rammentare che le fatture di vendita devono comunque e sempre riportare la distinzione per aliquote di imponibili ed imposta. Si tenga infine presente che Il DM del 24/02/1973 dispone che la ventilazione non è applicabile se l’ammontare annuo delle vendite di merce con emissione di fattura supera il 20% dei corrispettivi complessivi e che la ventilazione non è altresì applicabile a quei commercianti che abbiano acquistato nel periodo d’imposta beni destinati alla rivendita non rientranti nelle categorie dei prodotti già citati in misura superiore al 50% di tutti gli acquisti. In entrambi i casi, dall’anno successivo al verificarsi della condizione ostativa si dovranno annotare i corrispettivi separati per aliquota e calcolare l’IVA con il tradizionale metodo dello scorporo. 

Da FARMACISTA 33:
Rubrica FISCO E TRIBUTI a cura dello studio Furlotti Del Bue e dello studio legale tributario Costa-Bianchi

Accertamento da studi di settore

Gli studi di settore sono uno dei principali strumenti per il contrasto all’evasione e per l’esercizio dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Sono applicati per quantificare imponibili occultati o selezionare posizioni a rischio per i controlli tributari.

Per stabile giurisprudenza, la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici. Per risultare legittime e fondate le risultanze degli studi di settore in termini di maggiori ricavi devono dunque fondarsi su un ragionamento presuntivo grave, preciso e concordante, contro cui è ammessa sempre la prova contraria. Tali caratteristiche del ragionamento induttivo (gravità, precisione e concordanza) non possono dirsi automaticamente verificate sulla base del solo scostamento di valori tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto rilevato dalla studio. In altre parole, i soli standard in sè considerati (ossia la mancanza di congruità e coerenza allo studio di settore) non sono da soli sufficienti per fondare una verifica nei confronti del contribuente. Affinché l’Ufficio possa legittimamente accertare maggiori ricavi, pertanto, deve supportare le risultanze dello studio di settore attraverso ulteriori elementi e circostanze che consentano di correlare in concreto il dato statistico dello studio all’effettiva realtà del contribuente accertato. La fase di contraddittorio, da attivare obbligatoriamente pena la nullità dell’accertamento, diviene quindi un momento centrale nella verifica con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento). L’esito di tale contraddittorio, all’interno del quale il contribuente espliciterà tutte le circostanze peculiari che hanno determinato e giustificato lo scostamento rispetto ai valori dello studio, deve poi far parte della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state disattese. Tale procedura di accertamento sancita dalla giurisprudenza riduce certamente i rischi di un utilizzo distorto e acritico dello strumento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, lo studio di settore rimane comunque un indicatore importante di sottrazione di materia imponibile ed espone il contribuente, nei casi di incoerenza, alla procedura di verifica descritta: che può spesso trasformarsi in una tipologia di verifica diversa e maggiormente invasiva (ad esempio per indagini finanziarie), qualora all’incongruità da studio di settore si accompagnino vizi od omissioni della contabilità.

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Lo scontrino fiscale

Il corrispettivo dell’incasso da parte dei commercianti al minuto può essere certificato con lo scontrino fiscale qualora non sia obbligatoria la fattura. Prevista la possibilità di rettificare l’emissione dello scontrino mediante apposita procedura.

I corrispettivi delle cessioni di beni e le prestazioni di servizi per i quali non è obbligatoria l’emissione della fattura se non è richiesta dal cliente devono essere certificati mediante il rilascio dello scontrino fiscale. Le operazioni esonerate dall’emissione della fattura sono elencate dall’art.22 comma 1 del DPR 633/1972, tra le quali rientrano le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da commercianti al minuto in locali aperti al pubblico come appunto le farmacie. Al fine di consentire al cliente di detrarre la spesa per l’acquisto di farmaci (in tal senso si veda l’articolo del 15 maggio 2012) lo scontrino deve essere integrato con il codice fiscale dell’acquirente (c.d. “scontrino parlante”). La certificazione dei corrispettivi incassati giornalmente con scontrino fiscale si effettua mediante l’annotazione dello scontrino di chiusura giornaliera nel registro dei corrispettivi (o registro di prima nota se la conservazione del registro è tenuto presso un professionista) distinti per aliquota IVA entro il giorno non festivo successivo. Qualora si utilizzi il cd. metodo della “ventilazione dei corrispettivi” l’importo da registrare è unico non dovendosi effettuare alcuna distinzione per le aliquote IVA. Oltre all’ordinario registro dei corrispettivi i commercianti al minuto devono dotarsi inoltre del “registro dei corrispettivi d’emergenza” da utilizzare in caso di mancato o irregolare funzionamento del misuratore fiscale annotando analiticamente le singole operazioni di vendita (e non il complessivo giornaliero). Si può verificare l’ipotesi in cui lo scontrino fiscale relativo alle operazioni di vendita debba essere rettificato o corretto. Nel caso in cui l’errore sia rilevato dopo la stampa dello scontrino fiscale occorre distinguere due differenti situazioni:

•lo scontrino errato non è ancora stato consegnato all’acquirente,

•lo scontrino errato è stato consegnato all’acquirente.

Tale distinzione è importante in quanto solo in un caso è possibile procedere all’annullamento dello scontrino fiscale. Infatti gli scontrini erroneamente emessi e non ancora rilasciati possono essere annullati mediante idonea annotazione (a mano) sullo stesso documento che va comunque allegato allo scontrino di chiusura giornaliero. In questo caso occorre emettere un nuovo scontrino fiscale corretto da consegnare all’acquirente. Dal totale dell’importo dello scontrino di chiusura giornaliero deve essere dedotto l’importo dello scontrino errato prima di procedere alla rilevazione nel registro dei corrispettivi. Gli scontrini erroneamente emessi e rilasciati non possono essere annullati. In tali casi, sebbene non si possa annullare lo scontrino errato, l’Amministrazione finanziaria permette che si tenga conto dell’errore di battitura commesso in sede di annotazione sul registro dei corrispettivi e di prima nota. Tuttavia è bene precisare che la correzione sullo scontrino di chiusura giornaliero può essere effettuata solamente qualora esistano dei comprovati motivi (circolare n. 60/E del 1983)

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L’impresa familiare – regolamentazione tributaria

Dopo aver delineato le principali caratteristiche della disciplina dell’impresa familiare sotto l’aspetto dei rapporti di diritto comune, in questa sede si sintetizzeranno i fondamentali elementi su cui si fonda la fiscalità di tale tipologia di impresa
Innanzitutto, per la legge tributaria la formalizzazione iniziale del rapporto deve avvenire per ATTO PUBBLICO O PER SCRITTURA PRIVATA AUTENTICATA. Il rispetto di tale formalità è della massima importanza ai fini del raggiungimento di uno degli scopi essenziali di tale istituto sul piano tributario, ovverosia per la ripartizione del reddito prodotto dall’impresa fra tutti i partecipanti nelle misure corrispondenti al lavoro prestato nell’impresa familiare. ELEMENTI ESSENZIALI dell’atto di costituzione dell’impresa familiare (da registrare a tassa fissa di registro nella misura di € 168) sono:
•le generalità del titolare, cioè del soggetto che gestisce l’impresa in via esclusiva e a cui fa capo l’obbligo di dichiarare il reddito d’impresa prodotto;
•le generalità dei collaboratori familiari e del rapporto di parentela/affinità intercorrente con il titolare;
•la sottoscrizione di tutti i partecipanti.
La predeterminazione delle quote di partecipazione NON è elemento essenziale dell’atto poiché queste vanno determinate in proporzione alla quantità e qualità del lavoro di fatto prestato in modo continuativo nell’impresa. In assenza di un diverso patto di durata, il rapporto si intende avente durata annuale ed eventuali rinnovi dovranno essere posti in essere mediante nuovo atto. Qualora l’atto costitutivo preveda una validità ultrannuale o una durata “fino a revoca”, eventuali modifiche della compagine familiare, dovranno essere apportate nella stessa forma utilizzata originariamente. In ordine alla DECORRENZA DEL REGIME TRIBUTARIO proprio dell’impresa familiare, occorre distinguere:
•se l’impresa familiare viene costituita contestualmente all’avvio dell’attività d’impresa, il regime ha effetto immediato;
•se l’impresa familiare viene costituita successivamente all’avvio dell’attività d’impresa, il regime ha effetto dal periodo d’imposta successivo.
Il REDDITO D’IMPRESA è di competenza esclusiva del titolare il quale:
•dichiara integralmente il reddito d’impresa nei quadri RF o RG del proprio modello Unico;
•rilascia ai collaboratori un apposito prospetto destinato alla dichiarazione dei loro rispettivi REDDITI DA PARTECIPAZIONE nel quadro RH del proprio modello Unico come pure delle eventuali ritenute subìte e dei crediti d’imposta spettanti (il totale di tali redditi, ritenute e crediti d’imposta attribuiti ai collaboratori non può eccedere la soglia del 49%); nelle proprie denunce dei redditi, i collaboratori dovranno attestare che le percentuali di partecipazione agli utili dell’impresa familiare sono proporzionali alla qualità e quantità del lavoro prestato nell’ambito dell’impresa familiare;
•a sua volta, il titolare evidenzia nel proprio modello Unico (quadro RS) le suddette attribuzioni ai collaboratori familiari e le deduce dal proprio REDDITO D’IMPRESA ai fini Irpef (quadri RF o RG) così pervenendo ad assoggettare ad imposizione Irpef una quota ridotta – comunque non inferiore al 51% – del reddito d’impresa.
AL CONTRARIO, LE PERDITE SUBÌTE DALL’IMPRESA FAMILIARE COSÌ COME IL VALORE DELLA PRODUZIONE IMPONIBILE AI FINI IRAP SONO DI COMPETENZA ESCLUSIVA DEL TITOLARE. Infine, in caso di RECESSO del collaboratore:
•la quota a questi liquidata non è soggetta a tassazione;
•la stessa non è tuttavia deducibile dal titolare nella determinazione del proprio reddito d’impresa.

Liberalizzazione: orario, turni e ferie delle farmacie

Dopo la riforma Monti, il Consiglio di Stato si è pronunciato con l’ordinanza n. 3555/2012 sull’art. 11 D.L.24.01.2012, n. 1 affermando il principio della libertà di panificare orario, turni e ferie delle farmacie con il solo vincolo del rispetto degli orari e turni minimi di apertura stabiliti dall’autorità amministrativa competente. (leggi su iusfarma.it)