La nuova fattura dal 1.1.2013

In tema di fatturazione previste alcune novità e qualche semplificazione. L’Agenzia delle Entrate ha risolto il dilemma della numerazione delle fatture che ha creato incertezze e confusione nei primi giorni dell’anno.
Con l’approvazione della Direttiva 2010/45/UE il legislatore comunitario ha modificato la disciplina IVA in materia di fatturazione. Le nuove regole sono entrate in vigore a decorrere dal 2013. Il legislatore italiano ha recepito tali modifiche riscrivendo l’art.21 del DPR 633/1972 e inserendo un nuovo art.21-bis (fattura “semplificata”). Tra le principali novità vi è l’obbligo di inserimento del numero di partita IVA del cliente se costui opera in veste di impresa o del codice fiscale se è un privato. Ricordiamo che la prassi di inserire il codice identificativo del soggetto acquirente (partita iva o codice fiscale) non era sostenuta da nessun obbligo di legge prima del 2013. Seconda novità è rappresentata dalla fattura semplificata per operazioni di ammontare complessivo non superiore a 100 Euro che potranno essere aumentati a 400 Euro con successivo provvedimento. In tali fatture è possibile indicare solamente il numero di partita iva o il codice fiscale senza l’obbligo di specificare ragione sociale, nome, cognome, residenza o domicilio del soggetto che acquista, nonché indicare il corrispettivo complessivo e l’imposta incorporata ovvero i dati per calcolarla. L’introduzione di una fattura semplificata risponde all’esigenza di snellire per gli esercizi commerciali al minuto la procedura di fatturazione in fase di emissione del documento. La nuova normativa introdotta in tema di fatturazione ha inoltre modificato la modalità di numerazione della fattura. Come noto un elemento indispensabile e fondamentale della fattura è costituito dal relativo numero di emissione. Il nuovo art. 21 non prevede più il riferimento alla numerazione in ordine progressivo per anno solare ma ha introdotto il concetto di numero progressivo che identifichi la fattura in modo univoco. Negli scorsi giorni ci si è domandati se fosse corretto emettere fatture iniziando l’anno con il numero 1 dato che una fattura con lo stesso numero era già stata emessa gli anni precedenti. Il tenore letterale della norma lasciava presupporre che la numerazione avesse dovuto proseguire ininterrottamente per tutti gli anni solari di attività del contribuente. Con la Risoluzione 1/E del 10 gennaio 2013 l’Agenzia Entrate ha confermato che il contribuente oggi ha la possibilità di scegliere se adottare la numerazione progressiva univoca senza azzeramento oppure di mantenere la vecchia numerazione con azzeramento del numero progressivo per ogni anno solare in quanto, come specificato, anche quest’ultimo metodo garantisce l’identificazione univoca del documento mediante la data di emissione.
Da FARMACISTA 33:

Il valzer delle spese auto: dal 40% al 20% passando per il 27,5%

Si riduce la percentuale di deducibilità sulle spese auto al 27,5% dal 2013 (acquisto, leasing, noleggio, manutenzione e carburante). Con il decreto stabilità spunta l’ulteriore abbattimento al 20%.
A decorrere dal 1° gennaio 2013 entrano in vigore i nuovi limiti alla deducibilità, ai fini delle sole imposte reddituali, delle spese per l’acquisto e l’utilizzo di autovetture cosiddette aziendali o concesse in uso promiscuo ai dipendenti. L’art. 4, commi 72 e 73, della Legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. “Legge Fornero”), modificando l’art. 164, comma 1, D.P.R. n. 917/1986, ha provveduto ad una riduzione significativa della quota di deducibilità di tali costi. La nuova formulazione della norma prevede che l’aliquota di deduzione scenda dal 40% al 27,5% del costo per l’acquisto di autovetture utilizzate da soggetti esercenti arti e professioni in forma individuale, nonché di quelle cosiddette «aziendali», cioè non strumentali per natura all’attività dell’impresa e non assegnate a dipendenti. Analogamente, anche l’aliquota di deduzione degli oneri per le autovetture concesse in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta scende dal 90% al 70%. Rimangono invariati gli ulteriori limiti e presupposti per la deducibilità in discorso previsti dallo stesso art. 164 sopra citato. In particolare, il costo massimo rilevante ai fini della deduzione per le auto aziendali ed in uso ai liberi professionisti rimane fissato nella somma di 18.075,99 euro. Conseguentemente, la deduzione massima consentita per tali tipologie di autovetture non potrà comunque superare i 4.970,90 euro. I nuovi limiti di deducibilità sopra evidenziati riguardano anche i canoni di leasing, locazione operativa o noleggio dell’autoveicolo. In questi casi, se il costo del bene per il concedente è inferiore al limite di 18.075,99, sarà deducibile un importo massimo pari al 27,5% dei canoni di locazione di competenza dell’esercizio. Nelle ipotesi di locazione operativa o di noleggio, inoltre, l’importo massimo annuo deducibile su cui calcolare l’aliquota rimane fissato in 3.615,20 euro, con la conseguenza che la deducibilità del canone annuale non potrà andare oltre i 994,18 euro. Sul fronte IVA nessuna variazione: la detrazione rimane ancorata al 40%. Deve evidenziarsi come le nuove disposizioni di legge incidano già sulla determinazione dell’acconto con metodo storico relativo al primo periodo di applicazione della nuova norma. L’IRPEF relativa, quindi, dovrà essere rideterminata tenendo conto delle nuove percentuali di deduzione. Si precisa infine che il Ddl di stabilità in corso di approvazione prevede un ulteriore abbassamento della deduzione al 20%, sostituendo così la previsione della Legge Fornero prima ancora della sua entrata in vigore. Appare dunque evidente che l’intestazione dell’auto sull’attività ha perso ormai qualsiasi “appeal” fiscale.

Avanti, ma con prudenza: dieci regole per affrontare consapevolmente il concorso straordinario.

Da alcune settimane riceviamo di continuo richieste di farmacisti aspiranti titolari in cerca di consigli per il buon esito della partecipazione al concorso straordinario. 

Formule magiche non ne conosciamo, ma nell’interesse dei nostri interlocutori riteniamo che un invito alla prudenza sia un ottimo punto dal quale iniziare ogni ragionamento.
Il massimo che ci è dunque possibile fare, da modesti conoscitori dell’azienda farmacia e del sistema economico del quale essa fa parte, è suggerire un’attenta analisi di ogni questione utile a limitare il rischio di veder trasformata una buona opportunità in un (grave) problema.
Riteniamo che l’aspirante candidato possa trarre vantaggio dal seguire un iter logico simile a quello che proponiamo di seguito.
A prescindere dalla ricerca del “miglior punteggio”, prima di affrontare il concorso bisognerebbe quantomeno:
1. accertarsi di essere in possesso dei requisiti per l’ammissione;
2. stabilire che non vi saranno incompatibilità al momento dell’assegnazione della farmacia (ad esempio: età, rapporti di lavoro, ecc.);
3. verificare con l’aiuto di un patronato od un consulente previdenziale la propria posizione contributiva;
4. definire, anche alla luce della propria attuale situazione reddituale, le aspettative economiche e/o necessità presenti e future valutandone la compatibilità con un budget realistico dell’attività che si intende intraprendere. A tal fine occorre prevedere con buona approssimazione la necessità di investimento ed eventualmente di indebitamento iniziale;
5. analizzare le sedi disponibili cercando di raccogliere quanti più elementi sia possibile, ma considerando che è improbabile riuscire ad inquadrare correttamente la potenziale redditività di ogni sede “interessante” poiché sono molte le variabili in gioco;
6. non cadere nell’errore di ritenere la farmacia sempre ed a tutti i costi un’attività “ricca” poiché in molti casi, purtroppo, non è così.
Ulteriormente, se si intende partecipare in forma associata:
7. cercare di limitare il numero degli associati sia per ragioni economiche che organizzative, tenendo presente che la gestione dovrà essere fatta “su base paritaria”;
8. definire possibilmente accordi contrattuali tra i partecipanti in forma associata per evitare di incorrere in incomprensioni ed eventualmente danneggiarsi reciprocamente;
9. prestabilire le regole statutarie della futura società;
10. tenere presente che in caso di partecipazione associata il vincolo decennale potrebbe condizionare una prudente valutazione di tutti i punti precedenti.
Ogni situazione deve essere analizzata tenendo conto di fattori ambientali (es.: territorio, popolazione, concorrenza, ricorsi già pendenti che possano in qualche modo influenzare l’assegnazione della sede, ecc.) e personali dei candidati (situazione reddituale e patrimoniale, età, impegni famigliari, disponibilità a trasferimenti, ecc.)
É consigliabile evitare associazioni tra sconosciuti o semi-conosciuti o tra individui dei quali alcuni intendano apportare solo “punteggio” e null’altro. É più che opportuno, se non addirittura necessario, considerare un apporto paritario di lavoro degli associati/soci in correlazione con la paritaria suddivisione dell’utile, del patrimonio sociale e dell’onere della gestione congiunta.
Purtroppo tutto ciò non è sufficiente, specialmente alla luce di una normativa “straordinaria” confusa e non adeguatamente coordinata con l’impianto normativo “ordinario”. Il timore è che molte delle incertezze normative si risolveranno prima o poi in questioni che finiranno nelle aule di qualche tribunale.
Si tenga infine presente che mediamente la redditività della farmacia è da alcuni anni in fase di declino. Tale declino non si arresterà a breve e l’aumento della numerosità delle farmacie territoriali non potrà che accrescere le difficoltà di quelle già oggi esistenti e limitare in partenza le possibilità di quelle appena istituite.
Affinché la farmacia sia un’attività sostenibile, i “nuovi” così come i “vecchi” titolari dovranno mettere in campo impegno, dedizione, doti professionali e capacità imprenditoriali non comuni.
Pensiamo che farmacie ben posizionate e oculatamente gestite potranno ancora offrire la giusta soddisfazione ai loro titolari.
In buona sostanza ci pare corretto far osservare che il concorso può essere un’ottima opportunità, ma non sempre.

Studio Furlotti Del Bue

Conto alla rovescia per il maxi saldo Imu

Il prossimo 17 dicembre scade il termine per il pagamento del saldo Imu con conguaglio del precedente acconto applicando le nuove aliquote deliberate dai comuni. Previsto un notevole aumento dell’importo da versare.
Conto alla rovescia per definire quanto i possessori di immobili  dovranno lasciare sul piatto a titolo di Imu. Nella stragrande maggioranza dei casi il versamento del saldo sarà assai più gravoso rispetto all’acconto versato il 18 giugno scorso in quanto il primo pagamento è stato calcolato applicando le aliquote ordinarie fissate dal DL 201/2011 (0,4% per l’abitazione principale e 0,76% per le “seconde case”). Il metodo di calcolo forfettario della prima rata si è reso necessario per dare tempo ai comuni di deliberare entro il 31 ottobre il proprio regolamento Imu. La sensazione di un generale aumento delle aliquote è diventata certezza a mano a mano che i regolamenti comunali venivano pubblicati. Alcuni comuni, vista la difficile situazione economica, non hanno esitato a deliberare il massimo possibile (0,6% per l’abitazione principale fino a 1,06% per la “seconda casa”) o comunque ad approvare un aumento delle aliquote ordinarie previste dal DL 201/2011. Pertanto, nella maggior parte dei casi (non tutti, chiaramente) l’onere che verrà sostenuto con il pagamento del saldo sarà notevolmente superiore in quanto si dovrà versare anche il conguaglio dell’acconto applicando le nuove aliquote. Inevitabili e solo in parte già manifeste, le ripercussioni sul valore degli immobili e dunque sul patrimonio di tante famiglie italiane. In un momento di congiuntura economica così sfavorevole, che ha colpisce in modo trasversale numerosi settori compreso quello del farmaco, il pagamento in sequenza del secondo acconto Irpef e del maxi saldo Imu renderà per molti il Natale amaro.
Da FARMACISTA 33:

Il regime fiscale degli omaggi ai dipendenti

Gli omaggi ai dipendenti che tradizionalmente accompagnano le festività di fine anno trovano una diversa disciplina fiscale a seconda della duplice ottica in cui li si guardi: quella della farmacia che li eroga e quella del dipendente che li riceve.

 Il primo dei due punti di vista richiede una preliminare distinzione tra la disciplina ai fini dell’imposta sui redditi e dell’iva. Non subiranno prelievo iva, poiché qualificabili come cessioni gratuite di beni, gli omaggi in natura ai dipendenti che consistano in prodotti diversi da quelli usualmente venduti in farmacia (es. bottiglie di vino, panettoni, ecc…), in quanto gli acquisti di tali prodotti non possono beneficiare della detrazione iva in sede di acquisto per difetto di inerenza. Diversa disciplina è invece prevista ai fini delle imposte reddituali dall’art. 95, comma 1, del d.P.R. 917/1986, che ammette l’integrale deducibilità delle spese sostenute in denaro o natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori. In tal senso, tuttavia, è necessario non confondere gli omaggi connessi alle ricorrenze e festività con le spese volontarie eventualmente sostenute dalla farmacia al fine specifico d’istruzione o ricreazione dei dipendenti. Per queste ultime, infatti, è espressamente prevista una soglia di deducibilità pari al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi. Si consiglia di dotarsi di un bollettario da utilizzare alla consegna dei beni indicando nella descrizione “omaggio” al fine di assicurarsi la deducibilità del costo in sede di eventuale verifica. Le spese per omaggi al personale sono comunque indeducibili ai fini irap. Dal punto di vista del dipendente che riceve gli omaggi, l’art. 2, comma 6, del d.l. 93/2008 ha previsto che anche le erogazioni liberali in denaro concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o categorie di dipendenti concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente. L’articolo in discorso ha nella sostanza abrogato la più favorevole previgente disciplina che, al contrario, escludeva il concorso delle erogazioni liberali nella formazione del reddito da lavoro dipendente qualora il valore delle stesse, all’interno del periodo d’imposta, fosse inferiore a 258,23 euro. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, qualora l’erogazione liberale ai dipendenti sia effettuata in natura e non in denaro, il precedente regime nei fatti sopravviva in forza del terzo comma dell’art. 51 del d.P.R. 917/1986. Pertanto, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro del dipendente (e dei conseguenti oneri) gli omaggi in natura che si mantengono all’interno del descritto limite di valore di 258,23 euro. 

Da FARMACISTA 33:
Rubrica FISCO E TRIBUTI a cura dello studio Furlotti Del Bue e dello studio legale tributario Costa-Bianchi