Ieri Farmacista33 ha pubblicato un nostro intervento in cui esponiamo considerazioni in merito alla crisi delle farmacie a pochi giorni dal fallimento di una farmacia nella nostra provincia. Riportiamo il testo leggibile anche nel sito di Farmacista33.
Egregio Direttore,
abbiamo letto l’articolo in merito alla vicenda della farmacia fallita nella provincia di Parma. Non possiamo che dispiacerci dell’accaduto. Il Vostro articolo rappresenta compiutamente la vicenda ed esprime considerazioni che speriamo possano essere utili a tutta la categoria dei farmacisti. É ormai necessario che la politica decida la direzione da prendere spogliandosi del preconcetto che il farmacista titolare sia un privilegiato dai facili guadagni.
Se è vero che vi sono anche farmacie particolarmente ben gestite, meglio posizionate di altre e particolarmente redditizie, purtroppo oggi ve ne sono moltissime che soffrono di gravi problemi economici e finanziari.
Colpa dei farmacisti? É anche possibile, in parte.
Ci domandiamo però cosa debbano fare questi farmacisti. Ci domandiamo se il loro lavoro è quello di professionisti oppure quello di imprenditori smaliziati, oppure di impiegati amministrativi o finanche di burocrati.
Pensiamo che se il sistema Stato vuole – o deve – beneficiare della loro professionalità, la risposta è evidente: debbono fare i farmacisti, la professione che è il naturale compimento del loro percorso formativo. É evidente che non è possibile che dalla categoria dei farmacisti, già piuttosto ristretta numericamente, si generino più di 16.000 persone (titolari) con capacità imprenditoriali tali da far fronte alle difficoltà di una crisi come quella attuale, con l’aggravante che dispensare farmaci per conto del servizio sanitario nazionale non porta più sufficiente profitto.
L’esasperazione della distribuzione diretta, la distribuzione per conto delle Asl ed il calo di marginalità sulla ricetta medica hanno assottigliato i margini delle farmacie in modo preoccupante e, in molte regioni, oltre il limite della sostenibilità.
Le contromosse di tanti farmacisti, speranzosi di far fronte a perdite di fatturato e di utili, non sempre sono adeguate e finiscono talvolta per peggiorare la situazione.
Per esempio, la generalizzata rincorsa all’adozione di orari di apertura allungati ha mediamente incrementato le spese – in particolare quelle per il personale – senza aumentare in proporzione il fatturato a livello aggregato e dunque ha ridotto ulteriormente i margini medi.
Se la politica ritiene che lo Stato debba ancora farsi carico della distribuzione territoriale dei farmaci, con la capillarità e l’efficienza garantite finora dal sistema farmacia a tutto beneficio della popolazione, ci pare necessario che si riconsideri urgentemente la necessità di rendere comunque economicamente sostenibile la gestione della farmacia.
Invece di affrontare i problemi che vi sono e che noi professionisti quotidianamente osserviamo, gli ultimi governi hanno solo reso più pesante una situazione già difficile.
Le “liberalizzazioni” pensate e messe in campo e molte delle novità normative degli ultimi anni aggravano i problemi delle farmacie; per contro i supposti benefici alla collettività ci paiono una chimera.
Ci pare che non vi sia stata alcuna vera liberalizzazione ed osserviamo un grande pasticcio. Se si impone alla farmacia di operare entro precisi confini territoriali e normativi, in considerazione del fatto che svolge un servizio pubblico erogato sulla base di un provvedimento di natura concessoria, bisogna altresì metterla nelle condizioni di guadagnare quanto basta affinché possa adeguatamente svolgere la propria funzione di pubblica utilità; sia che la farmacia si trovi in una sperduta sede di montagna, sia che si trovi in una sede del centro città gravata del costo di canoni di locazione ormai insostenibili.
Se non si affronteranno con serietà questi temi, i fallimenti saranno sempre di più, con grave danno dei farmacisti, del settore, del sistema farmaceutico e soprattutto a danno della collettività. A danno anche di chi ha legittimamente sperato e con convinzione spera nelle citate pseudo-liberalizzazioni e anche di chi si sta affannando per comprimere la spesa farmaceutica territoriale.
Con buona pace della miopia dei nostri amministratori, di fallimenti ve ne saranno ancora e non solo per colpa di farmacisti laureati, incolpevolmente incapaci di essere super-imprenditori. Il nostro non è e non vuole essere un ragionamento politico: queste considerazioni le proponiamo solamente da tecnici minimamente esperti del settore.
Di questi tempi, come professionisti, abbiamo il compito di fornire le nostre competenze tecniche per affrontare situazioni delicate e umanamente dolorose.
Ci auguriamo che l’evidente difficoltà del settore spinga chi di dovere a correre ai ripari.
Fabio Furlotti
Marco Del Bue